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Grotte del Cansiglio Fregona

Sapori d'autunno 3

L’ultima domenica di questo anomalo novembre è stata impressa dalla felice scoperta di un luogo magico, pieno di calore, storia e persone.
Sopravvissute alla levataccia e al consueto shock da gelo mattutino, siamo arrancate fino all’uscita dell’autostrada, punto di ritrovo per l’allegra comitiva.
Ancora non conoscevamo la magnifica guida che ci avrebbe raccontato le prime tappe del nostro tour.

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Leggende Cimbre e Credenze Popolari

Arrivati alla pro loco di Fregona si respirava un’aria di piccolo borgo familiare, di sorrisi, paesaggi montani e luoghi da scoprire. Le teche ricche di piccoli tesori del posto, avrebbero meritato molta più attenzione di quella che hanno ricevuto, purtroppo il tempo tiranno ci intimava di mantenere un certo rigore, nonostante le nostre ripetute resistenze.

La presidentessa della pro loco ci ha accolti con qualche piccola e curiosa anticipazione riguardante il programma della giornata, ma soprattutto affidandoci all’esperienza del signor Franco Bastianon.

Già assorbiti da leggende cimbre, credenze popolari e riti pagani ci siamo fatti condurre verso l’inizio della nostra avventura, attraverso le Grotte del Cansiglio a Breda di Fregona (TV) https://www.prolocofregona.it/grotte-del-caglieron/.

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Grotte del Cansiglio a Breda di Fregona (TV)

Il nostro cicerone, il signor Franco, un metalmeccanico in pensione con la passione per la scrittura, la cultura e la storia del luogo, ci ha raccontato l’origine di queste, innanzitutto, cave e non grotte, alcune di origine artificiale e altre naturali.

Le virtù delle risorgive

E’ il cansiglio che, acqua di risorgiva, ha scavato creando questo luogo suggestivo al quale poi ha contribuito la mano dell’uomo.

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Nonostante l’intento sia stato certamente funzionale all’epoca (è certo che siano state terminate dopo la guerra, mentre non è altrettanto certo l’inizio degli scavi) il risultato ad oggi è oltremodo estetico e molto suggestivo.

Una volta consumata la bellissima veduta dall’alto del sentierino che ci avrebbe condotti alla scoperta di quest’opera della natura (con un po’ d’aiuto dell’uomo), ci siamo avventurati lungo il ripido percorso di ghiaia e legno.

Quella che dall’alto poteva sembrare una casetta, o un punto informazioni, mano a mano che ci si avvicinava rivelava la sua vera identità: una piccola riserva con vendita di formaggi.

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Nascosto dietro alle alte pareti piene di caciotte si trova il segreto dell’ottima conservazione di questi prodotti caseari.
L’acqua filtrata dalle rocce, infatti, ristagna in un “laghetto” naturale che mantiene l’ambiente della cava umido in modo ideale.

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Richiamati all’ordine dopo una compulsione di shopping di tutto quel ben di dio, siamo scivolati nuovamente lungo il sentiero, rapiti dai racconti di come si potevano distinguere le cave naturali da quelle artificiali e dalle rocambolesche acrobazie messe in atto per la creazione di alcuni scavi e parti di sentiero.

L’uomo in effetti ha lasciato il segno con martello e scalpello della propria opera, niente di facile come l’esplosivo.
Forse è stata l’ammirazione di tanta fatica a rendere le cave ancora più memorabili!

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Mulini nascosti

L’intero sentiero conduce ad un antico mulino, già in funzione nel 1500, anche se a visitare il mulino non ci saremmo arrivati né quella mattina, né tantomeno per quel sentiero… ma questo ancora non lo sapevamo!
Richiamati al dietrofront dal nostro capo brigata abbiamo fatto giusto in tempo a prendere un altro paio di appunti su come il calcare si fosse depositato artisticamente all’interno di alcune cave prima di ridirigerci verso una tappa meno naturalistica e più culturale.

Sempre al seguito del signor Franco, che oltre ad essersi guadagnato la nostra simpatia aveva ormai catturato tutta la nostra attenzione, ci siamo ricongiunti alla presidentessa della pro loco, ai piedi del campanile di Fregona.

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Fregona

Come già ci era stato anticipato, e come è stato evidente una volta visto dal vivo, il campanile è stato costruito utilizzando due tipi di pietra diversi, entrambi locali: la pietra turchina e la pietra dolza.

Oltre che estetiche l’alternanza delle due, aveva motivazioni funzionali, dovute alle due diverse consistenze delle pietre. Orgoglio locale, il campanile è stato eretto per mano degli abitanti della cittadina. Nonostante l’uggio reduce da giornate di pioggia, la vista dall’esterno ma soprattutto all’interno del campanile è stata incantevole.

Favoriti, siamo stati scortati per una parte della scala, che al momento non è aperta al pubblico per questioni di manutenzione, e approfittando di questa grande fortuna abbiamo potuto ammirare l’anima del campanile, nonostante non sia stato possibile, con rammarico, salire fino in cima.

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Come già la mattinata ci aveva dato modo di approfittarne, i racconti sulla storia e la costruzione, così come aspetti più tecnici architettonici e storici, sono stati un tesoro che ha soddisfatto la nostra sete di curiosità, stuzzicandone la crescita.

Non è sicuramente compito mio riportare i dettagli del materiale, che tramite il telefono senza fili finirei per sciupare. Spero comunque di stimolare sufficientemente la curiosità dei lettori, tanto da indurli a ricalcare la mia esperienza.

Mentre il signor Franco ci ammaliava con racconti sull’estetica neo-gotica e i torbidi intrighi che avevano accompagnato le influenze austriache nella nascita di questo simbolo della città abbiamo trovato il tempo di fare una capatina all’interno della chiesa.
Anche qui gli aneddoti e le cose da raccontare non mancano anche se devo dire che l’attenzione è stata catturata, risvegliando l’animo fanciullesco di tutti, da una cassaforte vecchia settecento anni.
Il racconto di come un oggetto tanto antico abbia letteralmente viaggiato nel tempo, rivelando un arguzia inaspettata nello svolgere la propria funzione, ha lasciato tutti ammirati.
Non nascondo che ripensandoci resto ancora incredula a come tre serrature, due delle quali si rivelano solo in seguito a passi precedenti, abbiano mantenuto la loro efficacia nel tempo. E non nascondo nemmeno che avrei tanto voluto vedere quell’oscuro meccanismo all’opera!
Avevamo già un altra tappa ad attenderci, così, con lo stomaco brontolante ma pieni di tante curiose novità abbiamo ringraziato chi aveva generosamente investito il proprio tempo per noi e siamo ripartiti.

Agriturismo Mondragon

L’immagine di ciò che ci attendeva ci distraeva dalle inerpicate stradine che stavamo percorrendo.

Reduci dall’entusiasmo che neanche i primi cedimenti di fame e sonno avevano intaccato siamo arrivati in quella che aveva tutta l’aria di una fattoria vecchio stampo.

Verde tutto attorno, lungo il viale di ghiaia una macchia arancione si stagliava contro il grigiore dello sfondo. Il caco accoglieva creando un’atmosfera tipicamente autunnale.

La perfetta sintesi tra una cascina di campagna e una malga, l’agriturismo Mondragon, ha tutto quello che si desidera la domenica dopo essersi svegliati presto e aver fatto una bella e stancante gita in compagnia.
Il calore misto al profumo di legna bruciata e intimità si respira appena entrati.
Il chiacchiericcio dei commensali accompagna lungo i muri di mattone fino alle tavole di legno imbandite.
Lo scoppiettio del caminetto riscalda l’atmosfera e si mischia al vociare di sottofondo. Finalmente a tavola. Il pranzo è stato memorabile.
A parer mio la riuscita di un pasto si può misurare in parallelo al tempo che si è disposti a sottrarre al cibo dedicandolo alla chiacchiera.
Non volava una mosca, se non tra una portata e l’altra.
Nonostante l’incredibile da fare Manuela, la chef e proprietaria del Mondragon è riuscita a regalarci del tempo prezioso, raccontandoci la sua storia e il cavallo di battaglia della cucina.
Il piatto forte infatti è “l’oca in onto” che è diventato un presidio slow food nel 2002.

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Come giustamente ci fa notare Manuela il presidio in questo caso non riguarda una varietà, ma piuttosto una tecnica di preparazione dell’oca.
Tecnica che oltretutto nasce da un aneddoto divertente e dalla fusione di due tecniche precedentemente esistenti.
Vorrei spendere due parole oltre che sull’ottimo pranzo consumato, sulla gentilezza e l’accoglienza della quale abbiamo goduto. La chef è una persona con una grandissima passione per quello che fa, passione trasmessa dal cibo e dai suoi ipnotici racconti, estremamente preparate e cortese, è stato un privilegio essere stati suoi ospiti. Purtroppo, con il rammarico di non aver avuto tempo per il dolce, ci siamo alzati da tavola e rotolati verso il dulcis in fundo di quest’esperienza.

Villa spada

Accompagnati dall’imbrunire e da una leggera pioggerella siamo stati accolti nel giardino interno di Villa Spada dal sindaco della città.
Con un altra apertura straordinaria abbiamo avuto il privilegio di visitare l’interno della villa con un nuovo, sempre all’altezza cicerone.
Villa spada è un tetris di più edifici appartenenti a periodi diversi, donati dagli Spada al comune in periodi diversi.
Ma non siamo certo qui a fare lezione di storia.
Preferisco piuttosto parlare della dignità e l’orgoglio di quelle mura, di una famiglia che ha voluto onorare un comune facendogli un dono prezioso, di una storia di guerra e di resistenza raccontato nella pubblicazione del diario di Maria Spada, e di come il sindaco e tutti i suoi satelliti operanti siano prodighi nel condividere la loro fierezza.
Il restauro interno della villa è un’operazione che sta richiedendo risorse e tempo ma prosegue un passo alla volta in maniera costante.
Ci auguriamo di poterla ammirare presto in tutto il suo sfarzo e splendore.
Svaligiato il sindaco di tutte le risposte che potevamo ottenere e con una copia del prezioso Diario tra le mani siamo stati consegnati alle cure della sommelier che ci avrebbe illustrato la degustazione di passiti.

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Refrontolo

Ultima chance di accesso alla mostra di passiti, la nostra giornata si conclude in bellezza.
Questa mostra, in una terra di prosecchi, nasce anche come riscatto.
Reagire alla tragedia del 2014 non è facile ma il popolo è orgoglioso e il tentativo di risollevare gli animi porta novità e freschezza.
La degustazione, orchestrata ad arte, è un’esperienza che consiglio vivamente a chiunque. Da assoluta ignorante, quasi mi sentivo in colpa per il privilegio che mi era stato concesso. Alla luce di ciò posso affermare con certezza che se appassionati l’esperienza è incredibile e gratificante, e se non appassionati ci si appassionerà, anche se per la sola durata della degustazione. Ogni passito, unico nel suo genere e abbinato coscenziosamente, con il sottofondo delle sapienti descrizioni della sommelier catapultava i sensi in un vortice di sapori, odori, profumi e colori che è incredibile pensare di poter trovare in un bicchiere.
Il Refrontolo è un passito DOCG, il fiore all’occhiello del luogo.

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In ultima battuta, a sera ormai inoltrata e con i pochi ultimi superstiti ci siamo trascinati fino all’antico mulino del quale ci era stata paventata l’esistenza durante la mattinata.
Ancora in funzione, e avvolto dalla suggestione serale, quel misto di casalinga genuinità doveva essere la degna conclusione della giornata.

Un condensato di storie, piccole realtà, gioie e dolori, riscatti e tesori di un luogo che, come nelle migliori tradizioni nordiche, non fa rumore, rimane in silenziosa contemplazione e accoglie con calore chi ha la curiosità di scoprirlo.
Il mio consiglio è: siate curiosi.

Oggi ho avuto il piacere di ospitare  con un suo pezzo, una giovane scrittrice Clotilde, che ha per voi scritto questo pezzo vivendo questa giornata ricca di sapori, profumi e storie.

Erica

 

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